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M5S, se questo è un partito

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Nel nostro Paese, come ci rammenta l’articolo 49 della Costituzione, i partiti hanno concorso e concorrono ancora «con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

Ma che significa? La risposta è semplice: i partiti sono il punto di incontro tra i cittadini e le istituzioni ed è per questo che una democrazia non può essere tale fino in fondo se la vita interna degli stessi partiti non è anch’essa democratica.

In questa prospettiva, fino a oggi, anzi fino alle scorse elezioni politiche e l’arrivo del M5S, i partiti hanno cercato di garantire, in modi e forme diverse, la democrazia al loro interno. Al di là dei tempi recentissimi – dove, ad esempio, le primarie per la scelta dei candidati volute dal Partito democratico sono diventate, se non patrimonio comune a tutte le forze politiche, comunque un punto di riferimento con il quale fare i conti – l’esistenza di una vita democratica interna ai partiti, anche se non sempre codificata in uno statuto, è stata comunque dimostrata dall’avvicendarsi delle diverse classi dirigenti a guida dei diversi partiti politici nel corso della prima e della seconda repubblica.

E adesso? E il Movimento 5 Stelle?

Per gli eletti e per gli elettori di questo partito/movimento/blog non sembra esservi dubbio: sono loro la vera democrazia diretta e senza filtri, dove uno vale uno e dove il cittadino viene coinvolto standosene comodamente seduto a casa propria e tamburellando sulla tastiera del computer.

Poi, un giorno dopo l’altro, andiamo scoprendo che tra di loro esistono quelli che vengono espulsi, oppure allontanati, scomunicati, cancellati o defollowati. E, tutto, senza un contraddittorio o un confronto che possa essere degno di questo nome. Solo in Parlamento, dei 163 parlamentari che il Movimento contava un anno fa se ne sono andati in 19, 5 deputati su 109 e ben 14 senatori su 54, oltre 1 su 10 nel complesso.

E, allora, sorge il dubbio che all’interno del partito/movimento/blog non ci sia neanche l’ombra della democrazia di cui vanno tanto fieri o del “metodo democratico” che ci richiede la Costituzione.

E mi domando come sia possibile che si sia consentito a una tale formazione di partecipare a delle consultazioni elettorali democratiche. Qualche dubbio sulla loro democraticità sarebbe sorto anche solo leggendo distrattamente il loro statuto (l’unico che, almeno finora, si conosce sul web). Una lettura che ci avrebbe rivelato che il Movimento 5 Stelle e la democrazia non sono nemmeno parenti. Neanche alla lontana.

Per credere, provate a leggere lo Statuto del M5.

Alcune considerazioni:

  • il M5S si è dotato di uno statuto solo il 14 dicembre 2012, dopo la data di celebrazione delle parlamentarie del 2012 (quelle che si sono svolte da dal 3 al 6 dicembre 2012) che hanno consentito ad alcuni aderenti al movimento di diventare parlamentari della Repubblica;
  • si fa un generico riferimento alla «presentazione alle elezioni di candidati e liste di candidati individuati secondo le procedure di diretta partecipazione attuate attraverso la rete Internet» (articolo 3), senza tuttavia chiarire le concrete modalità e le garanzie della correttezza e della democraticità della procedura di scelta dei candidati;
  • l’associazione Movimento 5 Stelle, per statuto, «fa propri gli obiettivi politici programmatici dei programmi formati e pubblicati nel sitowww.beppegrillo.it/movimento5stelle» (articolo 3), di cui Grillo, sempre per statuto, è l’unico «titolare effettivo». Una sorta di coincidenza necessaria del programma politico dell’Associazione con il pensiero di Grillo;
  • l’Associazione, inoltre, è dotata di un Consiglio direttivo che dura in carica tra anni (articolo 13), attualmente composto dallo stesso Grillo, da suo nipote e dal dottore commercialista Ernico Maria Nadasi. Al Consiglio direttivo così composto spetta il compito di decidere se ammettere nuovi soci nell’Associazione, previa verifica dei non meglio specificati requisiti necessari per esserne ammessi (articolo 8).

Detto in altre parole, non c’è traccia della cosa principale: la democrazia della vita dell’associazione/movimento. E rimangono tutti i dubbi che sembrano essere confermati dai fatti: un iscritto al movimento può prendere il posto di Grillo? Può democraticamente determinare le scelte del movimento e diventare maggioranza al suo interno? Può decidere se votare o meno la fiducia al governo o un provvedimento di legge presentato da altre forze politiche, financo a convincere gli altri iscritti a farlo? Può determinare la linea politica del movimento?

La risposta, almeno finora e da quanto si conosce, sembra essere negativa. Perché chi la pensa diversamente da Grillo viene semplicemente allontanato. Perché, con buona pace della regola romantica dell’uno vale uno e della consultazione informatica permanente sul blog (accompagnata da una buona dose di messaggi pubblicitari), la verità è che nel M5S tutto viene deciso da una sola persona.

Una persona che si ispira ad un semplice principio che un altro Grillo, il marchese, aveva già riassunto in una felice espressione: “io sò io e voi non siete un cazzo!”. Un principio incarnato dal novello Grillo non particolarmente democratico. Allora rimane il dubbio se questo è un partito o, più semplicemente, se questa è democrazia.


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